Mentre Jacopo e Dario, probabilmente, si rigirano nei loro letti di città, io sono in navigazione verso Genova, le ultime 50 miglia di questo lungo viaggio. Avanzo nella notte placida, sotto una luna oramai un po’ meno piena, e sono spinto da un residuo di onda lunga da poppa (il levante di ieri, quello che ci ha fatto arrivare un giorno prima) appena increspata dalla leggera brezza notturna. Sono riuscito a resistere alla tentazione: vado rigorosamente a motore. Ogni tanto mi affaccio dal passauomo e vedo la prua dell’Ave avanzare veloce, sull’acqua.
Le condizioni ideali, dunque, per qualche considerazione “a caldo” su questa regata.
Primo. La formula è bellissima. E' impegnativa, ma non massacrante. Il fatto che il percorso sia libero permette a tutti di partecipare, e introduce un ulteriore sapore ad ogni sfida individuale. Esiste un percorso migliore? Un periodo migliore? Chi lo troverà? Noi abbiamo mostrato che la sfida può essere portata a termine, anche con una vecchia barca, anche con un equipaggio ridotto (e un po' malridotto). Ci abbiamo messo 15 giorni: un tempo che può essere portato agevolmente sotto i 10 – basta partire in un altro periodo – e, con una barca e un equipaggio un po’ più tirati, probabilmente sotto i 7 giorni. Forse noi abbiamo anche sofferto un meteo particolarmente sfavorevole: parecchi giorni di bonaccia assoluta – Vieste che non passava mai, e poi capo Spartivento e Santa Eufemia benedetta – e, quando il vento c’è stato, quasi sempre dalla parte sbagliata. Quantomeno abbiamo sperimentato di persona come sia meglio avere vento contrario, piuttosto che non averne affatto. Evitando luglio e agosto la piatta non dovrebbe essere un problema. Però, il fatto che bisogna comunicare percorso e data di partenza in anticipo fa si che poi uno si prende quello che si prende: voglio vedere dopo 3 o 4 giorni duri di fila, le condizioni di barca ed equipaggio...! La prima difficoltà di ogni sfida è arrivare, non essere costretti al ritiro: noi ce l'abbiamo fatta.
Comunque: obiettivo 7 giorni, una settimana e via, 1000 miglia di corsa per conquistarsi il trofeo: forza ragazzi, avanti Alessio, Luigi e gli altri che ci hanno scritto, fatevi sotto! Noi saremo i vostri primi tifosi! E poi magari, chissà, organizziamo un “Club 1000 miglia” di navigatori sfegatati con tanta passione e pochi mezzi, da cosa nasce cosa...
Comunque: obiettivo 7 giorni, una settimana e via, 1000 miglia di corsa per conquistarsi il trofeo: forza ragazzi, avanti Alessio, Luigi e gli altri che ci hanno scritto, fatevi sotto! Noi saremo i vostri primi tifosi! E poi magari, chissà, organizziamo un “Club 1000 miglia” di navigatori sfegatati con tanta passione e pochi mezzi, da cosa nasce cosa...
Secondo. Mi aspettavo, da un punto di vista psicologico, che questa prova mi smuovesse dentro qualcosa di più. Dividesse un “prima” da un “dopo”. Rappresentasse un punto di svolta importante. E invece no, forse avevo già svoltato e non me ne ero accorto. Questa regata è stata “normal time”, e forse sarà proprio questo suo essere stata, nell’eccezionalità dell’evento, normale, a renderla speciale. L’ho preparata, l’ho intrapresa, l’ho portata a termine. Tutto semplice, tutto facile. Non sono stanco, non sono cambiato. Non desideravo tornare a casa, non desideravo non tornare più a casa (certo che mi mancava mia figlia di due anni, questo è ovvio). Potrei ripartire domani. Potrei andare molto più lontano. Prima di tagliare la linea di arrivo, ho detto a Jacopo e Dario: ragazzi, facciamo una cosa mitica, tagliamo questa linea e torniamo non-stop ad Ancona. Scherzavo, ma non troppo. Credo che la chiave di tutto questo sia una sola: la preparazione. Questa regata l’ho costruita passo dopo passo, ho preparato la barca, ho preparato me stesso. E poi mi piace stare in mare, e mi piace anche la mia vita a terra. Non dovevo fuggire da nulla, forse non avevo da scoprire nulla: da questo punto di vista, mi conoscevo bene.
Terzo, qualche riflessione sulle nostre scelte.
Acqua dolce. 3 litri d’acqua a testa non servono: 2 sarebbero stati sufficienti, nonostante il grande caldo. Sarà che l’acqua a temperatura ambiente, quando l’ambiente raggiunge i 40 gradi, fa proprio schifo... a questo proposito ogni soluzione è buona, a partire da quella di spremerci dentro un limone.
I 100 litri dei serbatoi sono bastati per lavarsi i denti e le mani. Avevamo 80 litri nelle taniche per le docce, e ne abbiamo avanzati la metà: un po’ che non ci lavavamo mai, un po’ che avevamo elaborato un sistema molto parsimonioso, trasferendo l’acqua in bottiglie di plastica con tappo largo, che poi foravamo con un cacciavitino per produrre una specie di innaffiatoio leggero. Com’è, come non è, sono stato l’unico o quasi a usare il sapone, lavandomi in acqua di mare durante le bonacce e poi sciacquandomi con acqua dolce. Io sono stato soddisfatto, non capisco l’assenza di appeal della cosa.
Cambusa. In base alla mia esperienza, in navigazione non si mangia perché si ha fame: si mangia per svagarsi e soprattutto per non addormentarsi, durante i turni di notte. Dunque forse vale la pena di portarsi un po’ meno pasta, e un po’ più cazzatine piacevoli, meglio se salate, tipo olive, capperi, pistacchi, pop-corn, salse varie. Sul cibo noi avevamo privilegiato la sostanza – poco spazio e tante calorie – ma quando abbiamo finito la nostra scarna dotazione di Salinis Schaer – ovvero quasi subito – abbiamo realizzato di essere all’inizio di un cammino di prostrazione e deprivazione. La scelta di non portarsi dietro alcolici è logica ma eccessiva: nelle bonacce una bella sbronza può salvare la regata. Almeno per i nostri gusti, erano molto meglio gli snack salati di quelli dolci: dopo un po’ solo l’idea di una cosa dolce ci faceva orrore, a tutti e tre. Il cioccolato poi va assolutamente evitato, se navigate nei mesi estivi: potete immaginare voi lo stato in cui uno si riduce già durante la fase di scartamento di una merendina... Nutella: non è andata. Ho fatto io un paio di indigestioni, e poi è rimasta tutta lì. Frutta: alla fine se ne consuma poca. Oggi pomeriggio, all’ancora davanti a Portovenere, ho fatto una marmellata di tutte le mele che erano rimaste, usando tutta una bomboletta di camping gas: se l'avesse saputo mia nonna....! L’insalata belga ha resistito quasi 10 giorni (con grande disgusto di Jacopo), così come le uova sode. Patate, carote e cipolle sono indistruttibili, se conservate areate.
Sulla pesca, dopo l’esperienza con la tracina, non mi pronuncio. Secondo me, o uno ci è tagliato, o tanto vale lasciar perdere. Non si comincia una carriera da pescatore durante la Mille miglia.
Abbigliamento. Lavarsi le cose in navigazione è pura teoria. Se si naviga in estate ci vanno molte magliette – una ogni due giorni direi – che tanto non portano via posto. Vanno bene anche come federe dei cuscini. Tutti abbiamo patito, stando sostanzialmente in costume, di crampi al sedere a forza di stare seduti nello stesso (scomodo) posto per ore e ore. Forse ci vanno dei pantaloni, e quasi quasi suggerirei pantaloni lunghi, perché anche le ginocchia non ringraziano.
Fondamentali, da imporre con le buone o con le cattive a tutti, i calzini: la puzza di piedi a bordo era i n s o p p o r t a b i l e! E poi, se fa molto caldo, bisogna portarsi lenzuola o teli da stendere sopra le cuccette; altrimenti, si marcisce nel proprio sudore.
Equipaggio. Come skipper mi rendo conto di avere fatto una grande cazzata, per fortuna senza grandi conseguenze. Non si deve mai, per nessun motivo, imbarcare una persona che non si conosce e con la quale non si è mai navigato, soprattutto per una navigazione di questo genere. Se ti va male sono casini grossi, ma grossi grossi. Mi viene in mente il bel libro “Berserk in the Antartic”, in cui un giovane e valente navigatore imbarca (su di un Albin Vega 27!) due sconosciuti per una crociera in Antartide. Leggetelo e capirete. E’ una regola ovvia, banale, scontata: fate almeno un giorno di prova, e siate estremamente selettivi. Lo so che si arriva sempre di corsa e i possibili candidati sono sempre pochissimi, ma molto meglio soli che male accompagnati! A noi è andata bene, perché in un modo o nell’altro ci siamo trovati e siamo stati bene insieme, riuscendo anche a fare camminare discretamente la barca (salvo che qualcuno ci smentisca ridicolizzando il nostro tempo: avanti, fatevi sotto...). Tutti abbiamo dato il massimo per costruire e vivere insieme una bella avventura, ma ciò non toglie che come skipper e capitano ho contravvenuto a una regola fondamentale. Faccio ammenda e ringrazio Jacopo, Dario, e il culo.
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